Dopo la voltata, la strada correva diritta, forse un sessanta passi, e poi si divideva in due viottole, a foggia d'un ipsilon: quella a destra saliva verso il monte, e menava alla cura: l'altra scendeva nella valle fino a un torrente; e da questa parte il muro non arrivava che all'anche del passeggiero. I muri interni delle due viottole, in vece di riunirsi ad angolo, terminavano in un tabernacolo, sul quale eran dipinte certe figure lunghe, serpeggianti, che finivano in punta, e che, nell'intenzion dell'artista, e agli occhi degli abitanti del vicinato, volevan dir fiamme; e, alternate con le fiamme, cert'altre figure da non potersi descrivere, che volevan dire anime del purgatorio: anime e fiamme a color di mattone, sur un fondo bigiognolo, con qualche scalcinatura qua e là. (A. Manzoni I Promessi Sposi, cap. I)
E’ la descrizione accuratissima, nella sua successione meticolosa di particolari, che il Manzoni fa di un’edicola sacra tipica del territorio di uno dei due rami del lago di Como, dova stanno per incontrarsi il curato d’una di quelle terre, Don Abbondio, e due brutti ceffi, i temibili “bravi” del signorotto locale Don Rodrigo, incaricati di impaurire il povero prete, affinché l’indomani non celebrasse un certo matrimonio.
Siamo in un tipo angolo di campagna, l’incrocio di due stradicciole, diremmo oggi vicinali, segnato dalla presenza d’una piccola e modesta costruzione che si potremmo collocare tra spiritualità e ruralità, un tabernacolo o edicola sacra oppure diversamente detta figuretta, frutto della devozione popolare, che sia ben inteso, spesso sul piano architettonico poco o nulla di significativo possiede di rilevante.
Eppure questo sito, così apparentemente normale in una delle tante parti di campagna italiana, diviene per il Manzoni un momento scenografico magistrale, tale da collocarci la scena che apre l’intera e complessa vicenda da lui narrata.
Scena che ci appare familiare, a ben pensarci. Il suggestivo intreccio di strade di campagna o dei centri storici medievali è sovente definito dalla presenza di edicole sacra e tabernacoli votivi: manufatti edilizi che ospitano immagini sacre di autori anonimi che ci colpiscono per la loro semplicità.
Ma la loro origine è antichissima, persino precedente al cristianesimo che ha tratto quest’espressione devozionale dall’usanza pagana di erigere piccoli tempietti, aediculae,agli incroci delle vie di città o di campagna in onore dei Lares Compitales, divinità minori preposte alla protezione delle strade e dei viandanti. Culto che viene fatto risalire al VI secolo a.C..
Per questo motivo la loro forma inserita armoniosamente nel paesaggio agrario o nei crocicchi urbani ricorda ancora dei piccoli tempietti, benché come detto siano generalmente di pregio edilizio ed architettonico modesto. In genere hanno struttura di muratura e piccolo tetto a due falde; l’immagine al suo interno può essere dipinta direttamente sull’intonaco delle pareti interne oppure ospitare un altarino con sovrastante piccolo bassorilievo o una ceramica. Le caratteristiche variano da regione a regione, da centro città a zone estraurbane.
Ma spesso l’immagine sacra è riferita alla Vergine Maria ed è per questo che in molte parti sono dette anche “Madonnine” così in questo mese di maggio sono motivo ancora oggi d’incontro per la recita del santo rosario serale.
Costituiscono la testimonianza di abitudini semplici come povera ed umile era la vita di campagna e delle classi sociali minori anche nel rapporto con la fede. Così le edicole sacre che costellavano il territorio rurale offrivano l’occasione, durante il cammino, di una breve sosta per una preghiera.
Molti altri momenti appartenevano alla ricca gestualità religiosa, spontanea ma sincera, che hanno fatto parte della vita di generazioni di persone. Di quei ci rimane solo il ricordo nel racconto che ancora alcuni nonni ci trasmettono prima che sia disperso travolto dalle moderne abitudini.
Le edicole sacre permangono ancora, generalmente, forse perché sono fatte di mattoni. Vale la pena di catalogarle, censirle e documentarle per poterle restaurare, salvaguardandone la loro integrità anche nell’ambito di interventi di trasformazione dei luoghi e delle vie di comunicazione, come testimonianza di un passato territoriale e sociale la cui memoria è altrimenti a rischio.
Stefano Simoncini
Edizioni dei calendari degli anni 2013, 2014, 2015, 2016, 2017. Una carrellata di umorismo e aforismi sul momento che vive l'edilizia attraverso le vignette di Stefano Simoncini.
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